La
nuova questione tedesca
Di
Carlo Pelanda (30-12-2008)
Divertiamoci,
maccheronando storia e antropologia, ma anche delineando un serio problema di
architettura europea. Dopo il 9,
a seguito del massacro delle legioni guidate da Varo nella selva di Teutoburgo,
Roma affrontò la “questione tedesca” di allora inviando un nuovo esercito. Ma
dopo 7 anni di guerra rilevò la difficoltà di operare la sua macchina bellica
in zone boscose e, soprattutto, la “specialità” di quei popoli. Rassegnata,
decise di porre un confine sul Reno per escluderli e contenerli piuttosto che
sottometterli. Esattamente dopo 2000 anni si ripropone in Europa una “questione
tedesca”, pur diversa da quella 1871/1918/1945/1989/1996, ma in una situazione
di Germania inclusa e non contenuta. Dovremo considerare nuovamente
quell’antico confine?
Ovviamente i popoli sono cambiati, ma la
“specialità” germanica è rimasta in forma di società con civiltà diversa da
quella romanica/normanna con cui confina a sud, ovest, nord e baltico. Mentre in Inghilterra la
cultura della libertà individuale è evoluta grazie ad influenze
compatibili - diritto romano,
individualismi di tipo celtico e vikingo - il territorio tedesco è stato
popolato prevalentemente da portatori del collettivismo gerarchico. Forse
perché venivano dalle grande pianure asiatiche dove per sopravvivere erano
necessari il gruppo e la disciplina più che in altri habitat. Cavolate?
Certamente, ma sono l’unica spiegazione della dottrina Merkel per la gestione
della crisi recessiva: “la supereremo con la disciplina”, l’ordine, in sostanza
non cambiando alcunché. Non è finita. La
Bce tiene i tassi più alti del dovuto, notoriamente, per
diktat tedesco: l’ordine monetario è indipendente dall’economia. L’America sta
reagendo alla crisi, invece, attraverso una politica straordinaria basata sul
disordine di bilancio e monetario, per ricostruire l’ordine capitalistico
globale. Funzionerà. Ma con un problema per noi. L’America avrà la tentazione o
la necessità di fare una svalutazione competitiva, trasformandosi da
importatore ad esportatore. In tal caso l’eurozona cadrà nella trappola di
economia bassa e valuta a cambio alto, subendo un impoverimento catastrofico.
In tale scenario sarebbe conveniente dissolvere l’euro, mettere l’Europa
occidentale entro l’area del dollaro, creando un confine con il modello tedesco
e la sua euroinfluenza. Follia? E’ simmetrica a quella della dottrina economica
del governo tedesco. Lo scenario è scherzoso, ma l’avvertimento a Berlino è
serio. L’europeizzazione della Germania ha fatto finire la vecchia questione
tedesca, la germanizzazione economica dell’eurozona potrà riaprirne una nuova.
Carlo Pelanda